Concorrenza sleale


Quando si ha una situazione di concorrenza sleale? Rispondere a questa domanda è molto importante, perché aiuta a definire quelli che sono i confini della concorrenza che, come è noto, è alla base dell’economia.

Ogni imprenditore ha diritto a trarre profitto dalla sua attività e questo implica, talvolta, il doversi mettere in competizione con quelli che sono i diretti competitor. La concorrenza, quindi, è vista come confronto tra le imprese in base a quelli che sono i prodotti venduti, i prezzi praticati, i servizi offerti e così via.

Quando si opera in un regime concorrenziale si viene stimolati a cercare di fare meglio per riuscire a vendere i propri prodotti o i propri servizi. Questo rende il mercato più attivo e, quindi, è visto come un bene.

Attenzione, però, a quelli che sono i limiti della concorrenza. Si deve sempre trattare di concorrenza leale, poiché altrimenti si opera in un regime di scorrettezza che può essere sanzionabile.

Fino a quando la concorrenza si definisce leale? Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare un riferimento normativo. Lart. 2595 del Codice Civile parla chiaro e dice che la concorrenza è lecita finché non si vanno a ledere gli interessi dell’economia nazionale o non si violi quelle che sono le norme attualmente in vigore.

Gli imprenditori devono, quindi, agire seguendo quello che è il criterio di correttezza professionale.

Quando scatta la concorrenza sleale?

Possiamo, quindi, dire che quando si superano i limiti dell’etica commerciale si entra nel campo della concorrenza sleale.

Possiamo dire che un imprenditore può dirsi vittima di concorrenza sleale quando subisce un danno da un altro imprenditore, anche non operante nel medesimo settore, che si comporta entro i limiti di cui sopra.

Se si ritiene di aver subito questo tipo di danno si deve fare appello a quella che è la normativa attualmente vigente in materia a tutela del mercato. Nello specifico, si fa riferimento alla Legge 287 del 1990 che cerca proprio di regolare situazioni di questo tipo.  In quel momento furono vietati dei comportamenti sleali come, ad esempio, gli accordi tra imprese per danneggiare i concorrenti.

Nello specifico, vengono considerati atti sleali:

  • violazione del patto di non concorrenza che viene stipulato tra un ex dipendete e il suo datore di lavoro
  • dumping ossia la pratica che permette la vendita di prodotti sottocosto per eliminare la concorrenza
  • spionaggio industriale
  • nascondere un conflitto di interessi quando si è soci di più attività concorrenti

Come ci si difende dalla concorrenza sleale?

Sarà necessario produrre delle prove e presentare un ricorso dinanzi al tribunale di competenza. Sarà, quindi, l’imprenditore danneggiato a dover adire la giustizia, premunendosi di prove.

Ecco, quindi, che in questo caso la figura dell’investigatore privato è fondamentale, poiché quest’ultimo riesce a produrre delle prove valide anche in sede giudiziaria.

Sarà possibile provare anche una via extra-giudiziale. In questo caso si deve procedere, sempre con prove alla mano, con una denuncia all’Autorità Garante per la concorrenza e il mercato. Questa sarà chiamata a dare la sua impressione in merito alla domanda che gli viene sottoposta.

Se vengono riscontrati atti sleali si procederà con la richiesta di interruzione degli stessi e del risarcimento dei danni cagionati.

Per quel che concerne quest’ultimo punto è bene sottolineare che il risarcimento deve essere pagato da chi ha commesso gli atti di concorrenza sleale quando si accerta presenza di dolo o di colpa.

La prova del dolo deve essere fornita da colui il quale ritiene di essere stato la vittima di eventuali comportamenti sleali. Anche in questo caso, quindi, la figura dell’investigatore aziendale è di fondamentale importanza.


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